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NOI LA
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Nostalgia di Palio

Il colpo di grazia fra il 24 e il 25 giugno scorsi, con gli annunci sulla stampa: il Palio di Castelfranco Veneto non si farà. Costi alti e troppi divieti imposti da un lato, difficoltà organizzative e incomprensioni fra l’Amministrazione Comunale e l’Associazione Palio dall’altro. Quella che doveva essere l’edizione della ripartenza – dopo i due anni di restrizioni da pandemia – si è invece spenta sul nascere: con la “promessa” dell’Assessore alla Cultura di un ritorno nel 2024.

E allora, sale sulla ferita sono stati i giornali delle settimane successive che a Montebelluna titolavano: “Nasce <Quelli che il Palio>: cinque ore in diretta sull’evento dell’anno”.  “Vetrine in Palio: concorso nella competizione del Vecchio Mercato”. “Concerti e musica fino all’una di notte: il Palio fa le ore piccole”. “I campioni Cassina e Ballan ospiti del Palio: un onore”.

Ma non mancavano i titoli per Feltre che l’8 agosto annunciava: “Palio da tutto esaurito, turismo trainato da eventi e sport” oppure per Marostica: “La partita del secolo fra dame e cavalieri” o per Noale la conferma del suo storico Palio. Perché la continuità – e la certezza che con cadenza stagionale una manifestazione ritorna – è garanzia di identificazione e di successo.

Mentre a Castelfranco, nella relazione del 25 luglio sullo stato di attuazione dei programmi 2023, alla voce “Valorizzazione delle manifestazioni storiche di interesse locale” leggevamo testualmente: “Palio e rievocazioni storiche in genere sono argomenti da secondo semestre”. Quando – per le iniziative di questo genere che si svolgono dopo l’estate – si deve cominciare a parlare come minimo da gennaio.

Ecco, e così il Palio è stato annullato anche quest’anno, anche se non c’è più la pandemia. Gli organizzatori hanno alzato bandiera bianca perché il Comune non ha garantito un sostegno adeguato alla rievocazione storica della fondazione della Città, datata 1195. Un appuntamento che dal 1997 Castelfranco dedicava – nei primi due weekend di settembre – alla sua storia e alle sue tradizioni e che fino al 2010 era cresciuto senza perdere un giro. (In foto, le rappresentanze di borghi e frazioni schierate lungo gli spalti)

Con le mura imponenti a fare da cornice e i borghi, i quartieri e le frazioni a sfidarsi nel Palio del Castel d’Amore oltre che in un torneo di calcio “fiorentino” appassionante fino all’ultimo “sacco”, all’ultimo goal. Un’occasione che non era solo folclore, come qualcuno in modo un po’ sprezzante la definiva, ma era anche occasione di incontro, di socialità, di riemersione di usi, costumi e tradizioni dimenticati. Con un aspetto culturale di non poco valore: perché accanto agli sbandieratori di Feltre e di Noale, ai tamburi di Conegliano, ai personaggi della Famiglia Dolfin e al Corteo con oltre 500 figuranti in costume, il settembre castellano offriva l’occasione per importanti approfondimenti storici sul Medioevo. Ogni anno venivano infatti presentati – da autorevoli storici, sociologi, esperti delle varie arti – i diversi aspetti della vita delle nostre comunità negli anni fra il 1200 e il 1300, entrando nella dimensione della religione, della politica, dei costumi, della cucina, dell’arte, della guerra e della pace.

Il Palio di Castelfranco Veneto era stato anche per questo inserito nell’Albo Europeo delle rievocazioni storiche di valore e le oltre 30.000 presenze – che per anni hanno popolato Castelfranco nei primi due weekend di settembre – la dicono lunga sull’interesse e sul valore della manifestazione.

Che purtroppo non ha mai goduto della simpatia di un’Amministrazione che, a parole, esalta le radici e le tradizioni della terra veneta. Ma nei fatti le mortifica destinando ad altro le attenzioni e le risorse. Difficile da capire, difficile da spiegare.

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