Il problema “condomini” nelle aree di quartiere si ripresenta sempre più frequentemente. E’ anche di questi giorni una nuova diatriba e purtroppo la comunicazione dell’Amministrazione non aiuta a fare chiarezza. Proviamo allora a fare un ripasso di Storia.
Il Piano Regolatore Comunale, approvato con Legge Regionale del novembre 2004, vedeva le seguenti disposizioni all’articolo 22 delle Norme Tecniche di Attuazione:
ART. 22 – Norme per l’edilizia residenziale esistente 1. Con esclusione delle zone “A” e degli edifici di valore storico culturale salvo diverse e puntuali prescrizioni, in tutte le zone ed aree (…) sono consentiti: a) gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo; b) gli interventi di ristrutturazione edilizia senza aumento del numero dei piani; c) gli ampliamenti di volume fino ad un massimo di mc 150 per ogni unità edilizia abitativa esistente alla data di adozione delle presenti norme e con uso in atto compatibile con la destinazione di zona, per una volta sola e per i soli edifici unifamiliari, bifamiliari e a schiera. (…)
Se la lingua italiana vale per tutti, anche per l’Assessore all’Urbanistica, risulta chiaro ed evidente che la precedente Amministrazione aveva previsto dal 2004 la salvaguardia delle zone residenziali con un vincolo di ampliamento massimo di 150 metri cubi. Significava, come abbiamo più e più volte ribadito, che una villetta singola poteva diventare al massimo una bifamiliare. 150 mc sono una camera, cucina e bagno in più, al massimo. Questa era la norma e dobbiamo dire che a tanti proprietari e costruttori non era piaciuta per niente: sicuramente comprensibile, ma la ragione era la vivibilità dei quartieri residenziali che doveva essere salvaguardata.
Detto questo, leggere sui giornali che l’attuale Assessore all’Urbanistica accusa di concessioni edilizie mai rilasciate l’Amministrazione che aveva invece adottato le norme per la salvaguardia del territorio, fa saltare sulla sedia. I problemi nei quartieri sono nati con le sue ultime Amministrazioni e con le leggi sul Piano Casa della Regione Veneto che hanno aperto il vaso di Pandora delle deroghe. I metri cubi oramai possono crescere in altezza, in lunghezza e in larghezza moltiplicando le volumetrie fino ad arrivare alla serie inarrestabile di condomini che sorgono in tante zone residenziali. (In foto la pianta della zona via Giotto – via Cimabue).
Recita purtroppo l’Articolo 25 comma 3 delle Norme Tecniche Comunali attuali: “Tutte le deroghe previste da norme statali o regionali si intendono automaticamente recepite e applicabili.”
Di fronte a una norma pericolosa come questa, nessun provvedimento di auto tutela è stato però scritto dal Comune, in questi 10 anni di Piano Casa. Un Piano che poteva essere regolamentato e gestito come è successo in altri territori più attenti. Chi ama verificare e informarsi sugli atti del Comune può andate in internet e digitare: “Norme tecniche di attuazione Castelfranco Veneto”. Oppure può chiedere agli uffici comunali.
E’ un invito che rivolgiamo anche all’Assessore all’Urbanistica.