Va benissimo risolvere problemi che riguardano la carenza di spazi per le scuole, ma quello che va meno bene è fare annunci trionfalistici quando alla fine si è adattato – alle necessità di una scuola – un vecchio stabile destinato ad un altro tipo di servizio. Perché sappiamo tutti che una scuola pensata ex novo come scuola nasce ben diversa da una struttura dove si adattano ad aule le camere e gli spazi comuni di un Convitto. Un po’ come è successo con le camere del vecchio ospedale San Giacomo, trasformate in aule per l’Istituto Alberghiero. E potremmo anche aggiungere che gli spazi ricavati devono adattarsi sia ad alunni dagli 11 ai 13 anni sia a studenti dai 14 ai 19 anni.
Va anche detto che il costo di questa operazione non è stato minimale: si sono investiti oltre due milioni e mezzo di Euro. Per una scuola che non è nata scuola e che qualcuno ha deciso che per l’istruzione andava bene anche così. Per non parlare delle dichiarazioni del consigliere regionale castellano Nazzareno Gerolimetto lette sulla stampa: “Questo edificio ha più di 50 anni di storia, vederlo rinascere è una soddisfazione.”
Ma lo hanno fatto rinascere – e geneticamente modificato – perché prima lo avevano accoppato. Loro. Perché questa struttura era nata dalla progettualità di una stagione di Sindaci che oramai è estinta. Sindaci come Ubaldo Serena che, anche ai tempi della grande Guerra, voleva che Castelfranco offrisse istruzione tecnica senza sovratasse ai giovani di tutta la Castellana, anche non residenti nel Comune. Sindaci che – come Domenico Sartor – nel secondo dopoguerra facevano nascere 5 Istituti professionali – Agrario, Alberghiero, Industria e Artigianato, formazione per Segretarie d’azienda e Servizi sociali – tutti a carico del Comune e aperti agli studenti di tutto il territorio. Non li consideravano spese ma preziosi investimenti.
E nel 1971 nasceva un Convitto, legato inizialmente all’Istituto Agrario, per ospitare studenti anche di zone lontane, per permettere – a chi aveva attitudine – di frequentare corsi di studio che solo Castelfranco offriva. Una struttura comunale, che divenne negli anni risorsa fondamentale per ampliare la platea di studenti, un servizio che contribuiva a far crescere più di tutti gli altri, in Provincia, il polo scolastico castellano. Al quale, nel 1975 si era aggiunto il Conservatorio di Musica.
E questo continuò fino a che gli Istituti superiori passarono dalla giurisdizione del Comune a quella della Provincia. Era il 1996 e lì sono cominciati i dolori. Perché un polo scolastico forte ha bisogno di strutture, di ampliare le scuole esistenti, di investimenti importanti. E io ricordo bene come – già da vicesindaco a fine anni ’90 e poi da sindaco dal 2000 al 2010 – dovessi sostenere con forza le nostre Scuole superiori contro le scelte di politica scolastica della Provincia. Che voleva anche la chiusura del Convitto. Perché in Provincia si facevano le Assemblee d’ambito e alle richieste di spazi e di investimenti per Castelfranco, mi rispondevano: chiudete le iscrizioni ai giovani provenienti da fuori. Niente iscrizioni da Padova, Vicenza o Venezia – per un polo come il nostro che ci vede ai confini – significava soffocare una vocazione alla crescita che andava contro la storia e la geografia. Ed erano ogni volta battaglie che per fortuna i Provveditori agli studi sostenevano fortemente. E noi abbiamo continuato a crescere e a vedere ogni anno i nostri studenti sul podio per risultati raggiunti.
Ma poi è cambiato il vento. Gli Amministratori di Castelfranco non hanno più difeso il Convitto e ne hanno accettato la chiusura. Certo, aveva i suoi costi, ma era un valore aggiunto che alla Città ora manca, basta sentire studenti e anche professori: da lontano – per studio – non arriva più nessuno. Ed era una risorsa anche per l’Università, per il Corso di Laurea che Castelfranco ha avuto dal 2005 al 2010, poi chiuso anche quello dalla Lega.
Ecco, adesso abbiamo aule al posto di camere, una scelta di ripiego per una Scuola media che stava bene a villa Balbi (in foto il parco), e per alcune aule che potevano essere costruite in ampliamento all’edificio principale dell’Agrario. Così va il mondo, così va a Castelfranco in questa strana stagione: viva la Scuola!